La storia ha riservato un destino difficile alle Suore del Divin Redentore: esse difatti già nei primi anni della dittatura comunista dovettero fuggire dall’Ungheria. Le suore della Congregazione, per lo più laureate, vennero aiutate dalla direzione della stessa a trovare rifugio all’estero, in primis in Austria, dove successivamente diedero vita a comunità formate al massimo da 10 persone. La Superiora Generale della Congregazione fu costretta a rimanere in Ungheria, per cui affidò alla Suora M. Geraldine Galavits l’incarico di istituire una nuova sede in un territorio neutrale, a Roma, da dove poter rimettersi in contatto con le altre suore ungheresi fuggite in Occidente.

L’obiettivo delle Suore del Divin Redentore giunte a Roma, era quello di raggiungere l’indipendenza e dal momento che intesero dedicarsi all’apostolato, decisero di costruirsi una propria casa.
Suor Geraldine grazie alla sua conoscenza della lingua italiana venne assunta dalla Caritas internazionale operativa a Roma e affittò un piccolo appartamento vicino al Vaticano sia per sé sia per i pellegrini. Mise da parte ogni centesimo del proprio reddito, anche a costo di sottoporsi a privazioni continue e, pur di risparmiare i biglietti dei mezzi pubblici, girò a piedi per le strade di Roma. Nel 1954, quando Papa Pio XII proclamò l’Anno Santo straordinario, Suor Geraldine gestiva già una casa per pellegrini. Per allora di fatti Suor Geraldine fece venire a Roma clandestinamente altre due Suore della Congregazione e così in tre affittarono una casa su Via Aurelia, che ospitava i pellegrini giunti a Roma. Al fine di sfruttare al massimo la casa, le suore pernottavano in terrazza e ospitavano i pellegrini persino nelle proprie stanze.
Geraldine oltre ai propri risparmi, riuscì a convincere diversi uomini di alto rango della Chiesa a sostenere la causa anche finanziariamente. Suor Geraldine impiegò undici anni per portare a termine l’incarico affidatole.
Dapprima fondò la sede centrale della propria congregazione a Roma, nel 1960 acquistò un appezzamento di terreno appena lottizzato nella via che successivamente venne denominata via Tamagno e nel 1964 fece costruire una casa per pellegrini, soprannominata anch’essa “Tamagno”. Quest’ultima divenne ben presto popolare tra i pellegrini, vi si recò persino il Cardinale Mindszenty. Di tale visita conserva il ricordo anche Suor Kinga.
Per diversi decenni le suore hanno ospitato soprattutto pellegrini ungheresi, i quali una volta giunti a Roma sono stati accolti in un ambiente e una sistemazione familiare e per di più potevano usare la loro madrelingua.

Il fatto che tale casa sia stata costruita e sia tutt’oggi in piedi è merito dell’impegno tenace e umile di Madre Geraldine, che si spense a Linz nel 1989.
Suor Kinga, la testimone più autentica della storia della Casa:
Madre Geraldine era la zia di Suor Kinga, tramite la quale quest’ultima giunse a Roma. La sua storia personale, analogamente a quella della zia, è piuttosto avventurosa. Suor Kinga si diplomò in restauro e pittura ad affresco presso l’Accademia di Arti Applicate di Budapest. Dopo essersi esercitata in Ungheria, decise di recarsi a Roma con una lettera di invito rilasciata dalla zia, al fine di potenziare le proprie competenze. In realtà giunse a Roma per incominciare il noviziato. Nel tempo libero continuò a dipingere icone.
“Fu la Provvidenza a scegliere ambedue le mie professioni, non il Caso” – racconta Suor Kinga. Suor Kinga, negli anni 1960 contribuì personalmente, con le proprie mani alla costruzione della casa per pellegrini: insieme all’ex Suora Generale della Congregazione, Suor M. Geraldine Galavits, quando ce ne fu bisogno, spinse la carriola o intonacò.

L’edificio nel 2019 venne acquistato dalla Conferenza Episcopale Cattolica Ungherese e successivamente venne completamente ristrutturato con un ingente contributo stanziato dallo Stato Ungherese. Il nuovo proprietario ha affidato la gestione della Casa per ferie alla Fondazione di Culto e Religione Santo Stefano d’Ungheria, tuttavia alla gestione effettiva della Casa contribuiscono attivamente anche le suore della Congregazione del Divin Redentore tuttora residenti nell’edificio, provvedendo alla cappella, all’accoglienza nonché alle attività svolte in cucina.